I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

Volendo un po’ schematizzare, vi sono tre tipi di guarigione:

- Guarigione forzata - Fa fulcro sul sintomo, si basa su farmaco e chirurgia.
- Guarigione armoniosa - Fa fulcro sulle cause alla base del sintomo e sulla loro armonizzazione con la legge di natura.
- Guarigione senza guarigione - Fa fulcro sull’impegno di vita, indipendentemente dal sintomo.

Ancora schematicamente, il primo tipo appartiene prevalentemente alla medicina moderna nelle sue varie forme.
Il secondo è tipico della medicina tradizionale, ad es. orientale, ma non solo.
Il terzo è il punto culminante di una vera medicina umana.

Tutti e tre i modi di guarigione sono accettabili e necessari per l’uomo moderno e costituiscono un percorso di evoluzione personale basato sul principio d’educazione alla salute in modo umano.

A distanza di molti anni, in base alla esperienza fatta su me stesso, posso confermare la validità pratica di questi principi, particolarmente del terzo, originariamente formulati, anche se in modo diverso, dal maestro Masahiro Oki, che ringrazio di cuore
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lunedì 1 giugno 2009

La depressione : Il male dell'uomo - 1

Questo è uno degli ultimi articoli che pubblicherò su questo blog.
Sempre che qualcuno non mi chieda qualcosa di specifico sulla propria condizione, utilizzando l'indirizzo email che trovate accanto al nome.
E' un articolo doveroso, basato sull'esperienza personale e professionale, che lancia un messaggio di speranza e di fede in sé.
Ma quello che sto per dire sarà per molti versi anche shoccante, fonte di turbamento, malintesi e, forse, rifiuto ed arrabbiatura.

Dalla depressione, non si guarisce né, tanto meno, ci si fa guarire: semplicemente se ne esce, riconoscendo che tutto e tutti ci stanno già aiutando e sostenendo in tal senso, e che l'ultimo passo tocca solo a noi stessi.
Ho detto volutamente male, e non malattia, e male dell'uomo, non dell'umanità, giacché esistono tante depressioni quanti sono i depressi, e la depressione stessa non è un'entità nosografica, un destino ereditario, un'infezione, una meteoropatia, una patologia da usura, una malattia socio-economica o da deficit o da eccesso, anche se, talvolta, potrebbe sembrare così.

Un altro malinteso comune è quello di chiamare depressione tutto quello che, della vera depressione è solo, per così dire, l'anticamera, il contorno, la strada maestra che vi conduce.
Molti, spesso, finiscono per credere d'esser depressi, mentre invece sono solo in una specie di limbo, tutto sommato comodo e vivibile "sanza infamia e sanza lodo", per dirla ancora con le parole del sommo Dante.

Infatti, tutti coloro che ancora riescono ad arrabbiarsi, a far colpa agli altri, a mettersi in dipendenza dagli altri con raffinata e sottile "ars vivendi" (o barcamenandi...), sono ancora fermi ai primi gradini della depressione o, per così dire, non ne hanno ancora varcato l'Ade, l'Acheronte o, quantomeno, lo Stige
.

Il depresso "vero", infatti, non sa arrabbiarsi con nessuno, fare colpa ad altri, condividere il proprio quotidiano con qualcuno che lo protegga ed assista. Tutto questo richiede ancore una buona carica d'energia, che egli non ha più.
Sa solo far colpa a se stesso, ed arrabbiarsi solo con e con la propria vita e non tollera la presenza d'altri: infatti, prova troppa vergogna della propria condizione.
Molti di coloro che si spacciano per gravi malati di depressione, a questo punto, si saranno già arrabbiati per ciò che, con voluta provocazione, sto scrivendo: non si preoccupino, il loro caso, tutto sommato, non è poi così grave!

Il resto sono cose abbastanza note e comuni ai più, anche se con caratteristiche individuali diverse caso per caso.
La fatica per tutto: a compiere le comuni azioni del quotidiano, lavarsi, vestirsi, uscire di casa, parlare, ascoltare, memorizzare, sentire il proprio corpo, lavorare etc.
Ma più ancora, compiere scelte, anche le più facili, prendere decisioni ed assumersi responsabilità
a qualunque livello, manifestare la benché minima forza di volontà.
Il depresso è un fuscello piegato alla minima brezza.
Vi sono persone particolarmente abili, anche a livello inconscio, nel prender possesso dei depressi e sottometterli al proprio volere od al proprio capriccio.
Tutto e tutti, per il depresso, hanno lo stesso potere di una setta, e molti se ne approfittano.
In particolare guaritori, maghi, cartomanti, gruppi pseudo spirituali, ma anche medici, psicologi, psicoterapisti di basso profilo professionale, soprattutto coloro che, incapaci di curare se stessi, presumono di poter guarire gli altri, diventandone guida.
In realtà, tutti costoro, finiscono col creare una più o meno calcolata dipendenza, talora lunga quanto la stessa vita del depresso, il che è la strada più sicura per sopravvivere come depressi, ma non per guarire...
Tutto ciò, lo so, può sembrare (ed è) molto duro, ma il prendere atto della realtà è il primo passo per salvarsi.

Il male più grave, tuttavia, è un altro.
E' la perdita dell'affettività, l'incapacità di provar gioia o dolore per ciò che ci circonda, di lacrimare e sorridere; é il deserto dell'amore, della compartecipazione, della pietas...in una parola, l'indifferenza.
Avete presente il cactus nel deserto, che sopravvive secco, spinoso, indifferente, ai decenni di siccità: tale è la vita del depresso...
Eppure, bastano quattro gocce di pioggia per farlo "riviver tutto e tutto rifiorire", riaprirlo quasi alla gioia di vivere, rivestirlo di colori (quanto nero e viola, oggi, nel mondo, e non è per moda: la moda studia solo le tendenze di fondo dell'animo umano, facendosene interprete a proprio vantaggio commerciale...).

Di che dobbiamo aver paura?
Se madre natura manda, ogni tanto, quattro gocce di pioggia anche sui deserti più aridi, che bastano a farli rifiorire, dobbiamo renderci conto che, talvolta, basterebbero veramente quattro lacrime sincere, versate non su di , ma per qualcun altro, per fare altrettanto con la propria vita.
Ma di questo parlerò domani...