I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

Volendo un po’ schematizzare, vi sono tre tipi di guarigione:

- Guarigione forzata - Fa fulcro sul sintomo, si basa su farmaco e chirurgia.
- Guarigione armoniosa - Fa fulcro sulle cause alla base del sintomo e sulla loro armonizzazione con la legge di natura.
- Guarigione senza guarigione - Fa fulcro sull’impegno di vita, indipendentemente dal sintomo.

Ancora schematicamente, il primo tipo appartiene prevalentemente alla medicina moderna nelle sue varie forme.
Il secondo è tipico della medicina tradizionale, ad es. orientale, ma non solo.
Il terzo è il punto culminante di una vera medicina umana.

Tutti e tre i modi di guarigione sono accettabili e necessari per l’uomo moderno e costituiscono un percorso di evoluzione personale basato sul principio d’educazione alla salute in modo umano.

A distanza di molti anni, in base alla esperienza fatta su me stesso, posso confermare la validità pratica di questi principi, particolarmente del terzo, originariamente formulati, anche se in modo diverso, dal maestro Masahiro Oki, che ringrazio di cuore
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venerdì 20 marzo 2020

Cosa significa epidemia, come viene valutata e cosa ci insegna l’esperienza.

Epidemia è il passaggio (epi) da una persona all’altra (demia) di un agente nocivo, capace di causare danno alla salute.
Da questo criterio, quindi, andrebbero escluse cause solo esterne dannose per la salute e che l’uomo stesso non diffonde direttamente agli altri, come ad esempio inquinamento ambientale, stile di vita, uso di sostanze, legali e non, che abbassano le difese immunitarie o sono nocive per svariati organi od apparati. Verso tutto ciò abbiamo il dovere di provvedere, sia individualmente che collettivamente, correggendone le cause
Altre situazioni, invece, sono ineludibili: eruzioni vulcaniche, terremoti disastrosi, radiazioni solari, raggi cosmici, radioattività naturale, e via dicendo. Comunque, e fino ad un certo livello, ce ne possiamo proteggere, ad esempio costruendo città con criteri antisismici. Non cosi’ nel caso estremo di un gigantesco asteroide che cada sul pianeta, sebbene anche in questo caso al disastro iniziale possono seguire, spesso, eventi riparatori utili a migliorare la qualità della vita sul pianeta stesso …
La parola ‘epidemia’, quindi, si riferisce alla diffusione fra la gente di agenti patogeni appartenenti alla ‘sfera biologica’: dai virus (dalla rosolia ai virus influenzali, alla dengue, all'AIDS ecc.) ai parassiti (vermi e tenie, ad es.), passando per batteri (Salmonelle, enterococchi, escherichia ...), funghi (le cosiddette micosi), protozoi, (amebe e altri), insetti ( zecche e pidocchi, ad esempio), ma ce ne sono ancora molti altri.
La loro caratteristica comune è quella di passare da un individuo all'altro con diverse modalità, delle quali la convivenza stretta è la più frequente, e con diversi livelli di pericolosità. Ben diverso, infatti, è un episodio di pediculosi in una scolaresca rispetto alla diffusione di un meningococco nella comunità.
Le epidemie possono poi variare da pochi soggetti infetti in ambiti limitati, fino alla diffusione planetaria, com'è il caso dei virus influenzali e para influenzali, come l’attuale pandemia da Covid 19. (Questo numero indica l’anno d’inizio dell’epidemia, il 2019).
In una epidemia su larga scala si valutano i diversi livelli: diffusione del contagio, indicato dal numero accertato di persone portatrici del virus in questione, anche se alcuni casi, per limiti tecnici o temporali, possono essere falsi positivi o falsi negativi.
L’accuratezza nella valutazione della diffusione di un virus come il Covid 19 è direttamente proporzionale al numero di persone testate, ad esempio col tampone (ma non è l’unico modo). Siccome è impensabile, in una pandemia, testare 7 miliardi di individui, i dati statistici si ‘estrapolano, si deducono, in base a diversi criteri.
Il più efficace metodo scientifico sarebbe quello di valutare un campione indicativo, medio, omogeneo e sufficientemente ampio della popolazione esaminata, per avere un certo grado di attendibilità nel valutare anche la restante popolazione.
Invece testare solo persone ‘sintomatiche’ o gravemente malate, oppure procedendo solo per classi di età, limita moltissimo la possibilità di valutare la reale incidenza della infezione nella popolazione globale.
Questa scelta, di solito, è dettata da considerazioni soggettive su cosa è più importante, in una determinata fase del ciclo epidemico, fare momento per momento. 

Ad esempio, se i test sono limitati e se si ritiene poco vantaggioso testare classi d’età a basso o bassissimo rischi, gli accertamenti saranno pochi ma 'mirati'. Peraltro, anche una valutazione a tappeto ma indifferenziata, siccome resterebbe comunque parziale e non selettiva ai fini statistici, si rivelerebbe spesso motivata solo da valutazioni demagogico-politiche che poco hanno a che vedere con la conoscenza reale del fenomeno.
Poi, di un virus epidemico, si valuta la morbosità, ossia la capacità di dare malattie sintomaticamente conclamate, raggruppate sotto la voce ‘morbilità complessiva’, ed infine la mortalità assoluta, in cui il virus è accertato come unica causa efficiente e necessaria, e la morbilità ‘concausale’, in cui il virus aggrava preesistenti patologie, arrivando fino al riscontro del tutto causale (epifenomeno) della mera presenza stesso in persone decedute per cause totalmente ‘indipendenti’ dal virus stesso.
Tutto questo non è scienza esatta, ma soggiace a criteri valutativi molto diversi fra loro, ed in definitiva serve a dare un’idea di base, ma nessuna definitiva certezza.
Una seria analisi epidemiologica serve inoltre a stabilire da dove è arrivato il nuovo virus (animali o individui 'serbatoi asintomatici'), qual'è la capacità successiva di diffusione da uomo a uomo, qual’è il numero di passaggi inter umani che possono portare ad una pandemia, e migliaia di altre cose ancora: sopratutto quale sarà la probabile evoluzione epidemica ed il tempo dello smaltimento finale dell’epidemia …

Ma c’è un grosso limite a questo modo di valutare: i soggetti esaminati sono solo ‘casi numerici’, ma non entità individuali ‘umane’: questo è il fattore antropico’, peraltro molto difficilmente inseribile nella ‘valutazione epidemica’ ...
Infatti risulta già molto difficile anche la valutazione delle concause ambientali che concorrono a promuovere l’epidemia, specie quelle prodotte dall'uomo stesso: grosse variazioni climatiche, qualità dell’aria, dell’acqua, del cibo, nonché condizioni particolari di vita, come ad esempio, i grossi agglomerati urbani, le classi di indigenza e le sacche di povertà ivi presenti, e molto altro ancora …
E il fattore 'antropico', allora? 

Questo non è riducibile ad un mero numero, perché prende in considerazione le caratteristiche peculiari dell’individuo, ove uno non vale quanto un ‘chiunque altro’, ma vale solo per se stesso!
Qui sono in gioco le dimensioni fondamentali che caratterizzano un essere ‘umano’: come, ad esempio, lo stile di vita, il livello educativo ed esperienziale, la condizione fisica, sia genetica che acquisita, eccetera ...
Ma è di fondamentale importanza tenere in considerazione soprattutto lo stato d’animo individuale e lo stato di ‘risonanza’: positiva, negativa o indifferente, del singolo con gli altri …
Queste cose quasi nessuna statistica le può valutare, ma ogni individuo può e deve rendersi esperto di sè, della propria vita, della propria reattività emotiva, dello stile di vita quotidiana che si è dato: dall'alimentazione all'uso di farmaci o di sostanze voluttuarie dopanti, risalendo sù sù fino fino alla condizioni affettivo emotive, etiche e ‘pratiche’ su cui ha basato, spesso automaticamente, la propria vita.
Il beneficio di questa epidemia da Coronavirus dovrebbe essere quello di renderci coscienti del valore intrinseco, peculiare della nostra vita, passando da automi a persone che sanno scegliere ciò che per ciascuno è buono, valido, etico, coerente per sé, ed anche di quanto ciascuno può fare per offrire gli altri la possibilità di beneficiare della ricchezza esperienziale 'umana' globale.
Non serve molto, invece, soffermarsi od enfatizzare solo fattori esterni, spesso sensazionalistici o impregnati della nostra faziosità ideologica, talvolta spinta fino al fanatismo …
Ci siamo capiti?
Abbiamo tanto da imparare da noi, su di noi e per noi, per poi offrire qualcosa di veramente utile anche agli altri ... 
Nessuno è cosi’ umanamente ‘povero’ da non poter offrire almeno un sorriso ed un grazie: un’epidemia di sorrisi, di atteggiamenti propositivi e creativi è e sarà sempre la più poderosa ‘arma’ di salvezza individuale e collettiva, priva di qualunque controindicazione, per qualunque tipo di 'epidemia' ...