I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

Volendo un po’ schematizzare, vi sono tre tipi di guarigione:

- Guarigione forzata - Fa fulcro sul sintomo, si basa su farmaco e chirurgia.
- Guarigione armoniosa - Fa fulcro sulle cause alla base del sintomo e sulla loro armonizzazione con la legge di natura.
- Guarigione senza guarigione - Fa fulcro sull’impegno di vita, indipendentemente dal sintomo.

Ancora schematicamente, il primo tipo appartiene prevalentemente alla medicina moderna nelle sue varie forme.
Il secondo è tipico della medicina tradizionale, ad es. orientale, ma non solo.
Il terzo è il punto culminante di una vera medicina umana.

Tutti e tre i modi di guarigione sono accettabili e necessari per l’uomo moderno e costituiscono un percorso di evoluzione personale basato sul principio d’educazione alla salute in modo umano.

A distanza di molti anni, in base alla esperienza fatta su me stesso, posso confermare la validità pratica di questi principi, particolarmente del terzo, originariamente formulati, anche se in modo diverso, dal maestro Masahiro Oki, che ringrazio di cuore
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giovedì 11 giugno 2009

La depressione - 5 La rivincita del corpo

Lo stato d'animo sicuramente influenza la condizione fisica, tanto che si sostiene che ogni malattia abbia una origine psichica. Viene dato invece ben poco rilievo alla positiva influenza del movimento fisico sulla condizione mentale.
In effetti, risulta molto difficile credere che sia possibile uscire dalla depressione utilizzando solo lo strumento più danneggiato dalla stessa, la mente per l'appunto.
Con ciò non voglio sminuire il lavoro di psicoterapisti e psicologi, sicuramente utile, importante e faticoso.
Dico solo che, se non si riprende il contatto e l'uso del corpo, si rinuncia ad utilizzare un potenziale (auto)terapeutico unico ed insostituibile.
Quante volte, con pazienti in così grave sofferenza da sembrare incurabili, ho dovuto far impegnare, fisicamente, loro e me stesso, fino al sudore, perché un nuovo benessere irrompesse, come brezza primaverile, nel gelo del corpo e nel calore al rosso incandescente della mente!
Per chi è in quasi totale inattività fisica da anni, con metabolismo ridotto al minimo e in un tormento mentale senza fine, una terapia solo rilassante non fa altro che intossicarlo ancora di più.
Suggerisco invece, per chi è terapista, la seguente pratica.
Con il paziente disteso a terra (e non su lettino!), appoggiate la mano destra, aperta, sull'addome, subito sotto l'ombelico, e fatelo muovere in tutti i modi possibili, contro la forte, determinata resistenza della vostra mano.
Provate a farlo fino ai limiti del possibile, non cedendo, continuando ad incitare a viva voce (anche lo stile "sergente-che-addestra-reclute", se fatto a ragion veduta, con consapevolezza e profondo rispetto interiore, può - e talora deve - essere messo in pratica!).
Non abbiate solo paura di perdere un cliente: ciò che conta è salvare un paziente ed educarlo a salvarsi!
Alla fine il paziente vi ringrazierà, perché si sentirà, finalmente, meglio... e voi pure!
Sta infatti avvenendo l'inizio di un profondo cambiamento della condizione fisica e mentale, originato dallo sviluppo di quella forza fra addome e lombari, chiamata in Cina "Tan Tien", in Giappone "Hara"ed in occidente "Pancia", base indispensabile per stare bene.
Il Mastro Oki, a ragion veduta e con esperienza pratica forse unica al mondo, più volte ha dichiarato: " sono convinto che tutti i problemi dell'uomo moderno derivino dalla perdita della forza d'addome e lombari!".

Propongo a tutti, nella pratica di vita quotidiana, qualunque cosa si stia facendo, di farla mantenendo almeno un po' d'impegno della forza d'addome e lombari.
Ad esempio, se vi cade un oggetto per terra, avete due modi per raccoglierlo: arrabbiandovi perché "è caduto", o cercando di piegarvi a raccoglierlo nel modo migliore che vi riesce, facendo partire il movimento dalla pancia!
Un altro semplice esercizio. che serve a cambiare positivamente lo stato d'animo, è la torsione delle lombari.
Distesi a terra, supini, con braccia aperte, palmi in basso, pugni chiusi, pollice all'interno della altre dita:
- inspirate lentamente, portando i piedi a martello e gonfiando l'addome, mentre le lombari spingono in alto
- trattenendo il respiro, flettete un ginocchio e ruotate la gamba flessa dal lato opposto, fin dove vi è possibile e per il tempo che vi è possibile, con il massimo impegno dell'addome
- giunti al limite, espirate di colpo e riportate la gamba a terra, rilassando il corpo tutto nella frazione di un attimo.
- dopo un recupero in totale rilassamento, ripetere l'esercizio, tre o quattro ( o più volte, a piacere), per lato.
Fra le altre cose, questo esercizio serve a spremere dall'addome, insieme al sangue stagnante, anche grosse quantità di serotonina, il famoso mediatore del benessere che, guarda un po', è prodotto, al 90%, dalle cellule "entero cromaffini" dell'intestino, e solo per il 10% nel cervello...
Inoltre, il corpo diventerà caldo, la mente fresca e vi sentirete riposati, leggeri e rigenerati come non mai.

Voglio spendere due parole sull'uso dei farmaci nella depressione.
I più usati sono le benzodiazapine (i cosiddetti tranquillanti) ed i farmaci che aumentano la disponibilità della serotonina a livello delle giunzioni dei neuroni ( inibitori della ricaptazione pre sinaptica).
Se li state già utilizzando, rendetevi conto che, qualunque sia il prezzo che inevitabilmente ne pagate, lo state facendo per vostra scelta e perché avete la fortuna di vivere in un paese "ricco".
Anziché lamentarvene, ringraziate per l'opportunità in più che state ricevendo, sapendo che stanno, in ogni caso, surrogando impegni che, per vari motivi, non avete avuto la forza o la voglia di prendervi...
Poi, fate almeno qualcos'altro per star meglio, quel tanto che vi consenta, se voi lo vorrete, di ridurli gradualmente, fino a sospenderli del tutto, se decidete che la vita è meglio viverla nella sua pienezza...
Siccome questo passaggio è molto delicato, per il pericolo di crisi d'astinenza o di ricadute, fatevi consigliare da persone esperte in materia.
Una buona efficacia nel migliorare il tono dell'umore, l'ho trovata nella ortiche, che fra l'altro hanno molteplici altri effetti positivi (vedi nel blog: E' tempo di...ortiche).
Invece, sia l'iperico che la valeriana, mi hanno prodotto effetti negativi, di tipo tossico, piuttosto forti.
L'olio d'iperico per uso esterno è, invece, un ottimo rimedio per tanti problemi (vedi Olio d'iperico).

Per bilanciare, completandolo, l'impegno fisico tramite qualcuno degli esercizi finora proposti, consiglio, infine, la pratica seguente.
Seduti, in posizione eretta, con sostegno lombare, ascoltate ad occhi chiusi il respiro, per alcuni minuti, finché diventa regolare.
Inspirare ed espirare con le narici, senza forzare, lasciando che il respiro si regolarizzi da solo, solo ascoltandolo.
Adesso, mentre inspirate lentamente, sillaba per sillaba, fate risuonare mentalmente la parola ARMONIA. (Qualunque altra parola positiva, LUCE VITA FELICITA', vanno comunque bene).
Espirando, immaginate che la vibrazione della parola si diffonda ad ogni cellula, scendendo per il cervelletto e lungo il midollo spinale...
Fatelo, per almeno cinque minuti, tutte le volte che volete.

Ho proposto molte pratiche, di vario tipo, su questo argomento ed anche in molti altri articoli su questo blog.
L'ho fatto per averne sperimentato l'efficacia numerosissime volte, su me stesso.
Spero che almeno uno possa fare al caso vostro.
La vita, nel suo insieme, con tutto quello che contiene, è troppo bella, preziosa, unica per non cercare e fare di tutto per viverla pienamente ed umanamente...

"L'uomo trova la felicità solo quando riesce a mettere il massimo del proprio impegno, nel presente, nel fare qualcosa di creativo e di utile non solo per se stesso, ma anche per qualcun altro"
( M° Masahiro Oki)

Buona giornata.

La depressione - 4 Ripartiamo dai piedi

I piedi sono la parte del corpo più sacrificata, maltrattata, mal compresa e disprezzata, eppure, se vogliamo uscire dalla depressione, conviene ripartire da li, per tanti e buoni motivi.

Non esiste nessuna altra parte del corpo che, se trattata, dia altrettanto rilassamento mentale.
Un semplice massaggio ai piedi è il miglior trattamento familiare per tutti.
Nei bambini, poi, è forse la migliore terapia per qualunque tipo di problema.
Genitori, vi prego, qualunque sia il problema dei vostri bambini, prima di somministrare loro gli psicofarmaci, oggi sempre più usati, provate ad ascoltare il vero messaggio che il bambino vi manda con la sua sofferenza!
Provate, prima di tutto, a ricreare contatto, comunicazione e calore massaggiando loro i piedi.
Cinque-dieci minuti ogni sera saranno sufficienti. Non occorre una tecnica specifica, basta affidarsi al puro istinto. Qui ciò che conta è l'atteggiamento del cuore, non la tecnica.
Fra l'altro, il beneficio sarà parimenti distribuito fra chi riceve e chi lo fa.
Provate prima di giudicare, poi potrete anche credere o non credere...

Ancora, per i piedi: fare un pediluvio caldo con acqua, sale (una manciata) e un cucchiaino di polvere di peperoncino, rabboccando con acqua ben calda ogni tanto. Meglio la sera, prima di coricarsi.
Fa abbassare la tensione mentale, riportando l'energia verso i piedi.
Il sale serve a far espellere tossine, oltre che a dare un ulteriore stimolo alle terminazioni sensitive.
Il peperoncino prolunga questi effetti per molte ore, mantenendo un forte stimolo alla circolazione sanguigna.

Inoltre, camminare, camminare ogni giorno, almeno mezzora. Se non avete abbastanza tempo, alzatevi prima. Ridurre le ore di sonno è dimostrato che giova alla depressione.
Se il vostro è un caso grave (o se fate di tutto per non fare niente!), partite per un viaggio a piedi. Non esiste depressione che non scompaia o migliori nettamente, dopo tre giorni.
Se pensate che avete troppo da fare per fare questo, vuol dire che non state poi così male come credete (o volete far credere).
Per chi convive con un depresso, anziché passare decenni a dare coperture ed appoggio, partite con lui, a piedi, che sia mezzora o tre o più giorni. Sarà il tempo speso meglio.
Un'attività fisica regolare, di tipo aerobico, qual è appunto camminare, fra i tanti benefici fisiologici, aumenta anche la produzione di sostanze (neurotrasmettitori) che producono benessere.
Fra queste, le endorfine (sostanze ad effetto simile agli oppiacei, ma prodotte in modo fisiologico e modulato), la serotonina e molte altre.
Un ulteriore effetto della camminata è quello di armonizzare il sistema simpatico con il parasimpatico.

Camminate a piedi nudi il più possibile, anche sui sassi. Bastano pochi minuti ber cambiare stato d'animo.
Battere i piedi con forza a terra, sollevando lateralmente il più possibile una gamba per volta e lasciandola ricadere a terra, con il baricentro basso, ossia con ginocchia almeno un po' piegate: da venti volte per lato in più.

I piedi umani hanno struttura e funzione unici nel mondo animale. Servono a creare la base per una postura ed un'andatura di tipo umano, e questo per due caratteri fondamentali: un angolo di circa 45° per piede e l'esistenza dell'arco plantare.
Gli altri caratteri anatomo-funzionali che caratterizzano la postura umana sono:
-un angolo fra femore ed anca di 180°
-la lordosi lombare, la quale a sua volta crea e sostiene le altre due curve, dorsale e cervicale
- il grande forame occipitale in posizione orizzontale ed asse perpendicolare alla base del cranio

Il risultato finale è la verticalità, risultante dall'armonioso compenso delle tre curve della colonna, con vertice ed ano sulla stessa linea; la fronte rivolta verso l'avanti, e non in basso; il vertice rivolto verso l'universo.
Una postura con scorretto appoggio dei piedi (sul bordo esterno) e con alluci paralleli o convergenti, un femore costantemente flesso sull'anca, la perdita della curva lombare, il petto chiuso con le scapole aperte ed i loro assi centrali convergenti in avanti, una evidente cifosi dorsale alta (fra le scapole), nonché una testa ciondolante in basso, sono le stigmate inequivocabili di una condizione mentale e fisica non armoniosa.
A livello cerebrale l'effetto finale di una postura corretta, fra l'altro, è quello di mantenere l'ipofisi in posizione ottimale per ricevere il migliore stimolo dalla radiazione solare (notoriamente dotata di effetto antidepressivo), ed alla epifisi di rimanere in comunicazione con la radiazione cosmica universale, nel campo della "luce" invisibile. Ma di questo ho già ampiamente parlato in un altro articolo sul blog (vedi: Cervello, cervelletto ipofisi ed epifisi).

Da un punto di vista non solo statico, ma anche funzionale, la corretta postura umana, invece, è la base essenziale per creare quella atmosfera o forza di bilancio fra addome e lombari che, come mirabilmente ha spiegato il Mastro Masahiro Oki, è la condizione fisica indispensabile per mantenere in salute (ossia in armonia), il corpo, la mente ed il cuore.
Questo argomento è di tale importanza, che merita un discorso a parte.

(continua).

martedì 9 giugno 2009

La depressione - 3 Non di solo pane...

L'uomo non vive di solo pane.
L'ha detto Gesù, ma forse non tutti lo sanno. Anche il cuore, infatti, ha bisogno di un suo nutrimento specifico.

Oggi, forse più che mai, le prime vittime della depressione, in tutto il mondo, sono i bambini.
Unico nel mondo animale, il bambino, appena nasce, sa già sorridere e cerca di farlo il più possibile, da subito, immediatamente dopo il primo pianto che serve a farlo vivere su questo pianeta "azzurro", anche se non "celeste".
Lo fa per istinto, anche se si tratta di un istinto puramente "umano".
Lo fa per farsi accettare, per manifestare una profonda, anche se ancora inconscia, gioia di vivere.
Ma anche per invitarci a fare altrettanto.
Senza il nostro sorriso, il nostro calore, il nostro contatto, infatti, il bambino non riuscirà a sopravvivere.

Due studenti universitari americani, un ragazzo ed una ragazza che condividevano un appartamento per motivi di studio, decisero di fare un figlio.
Il bimbo venne al mondo e, per qualche settimana, fu il polo d'attrazione dei due giovani genitori.
Ma era solo un passeggero interesse. Il bambino, per loro, era solo poco più di un giocattolo.
Dopo un po' finirono per tornare alla loro vita di sempre, dimenticandosi quasi del tutto del bambino.
Abbandonato a se stesso, lasciato sporco, per lunghi tempi solo in casa, riceveva quasi solamente il cibo indispensabile per non farlo morire di fame.
A tre mesi pesava meno che alla nascita, non riusciva a sollevare la testa ed era, praticamente, in fin di vita.
Ricoverato in una clinica pediatrica, grazie anche all'intervento di una assistente sociale, ebbe la fortuna, potremmo chiamarla destino, di esser preso in cura da un "vero" medico.
Il pediatra, geniale ed umanamente ricco d'esperienza, prese una decisione che si rivelò fondamentale per salvare il bambino.
Non lo ricoverò, infatti, in una stanzetta del reparto, ma in un corridoio dove tutti, medici, personale e visitatori, passavano di continuo.
Sopra il suo lettino fece mettere un cartello. " il mio nome è Mikael, se mi chiamate per nome e mi prendete in braccio, mi fate felice..."
Dopo tre mesi aveva recuperato peso e capacità motorie "normali" e, soprattutto, la voglia di sorridere e di vivere.

Nel nostro mondo di ricchi privilegiati i bambini hanno perso il sorriso: basta osservarli quando andiamo in giro, o andare in un paese povero, per rendercene conto.
Lì, infatti, tutti - o quasi - sorridono, da noi quasi nessuno.
Forse in Italia le cose vanno un po' meglio, anche se abbiamo il più basso tasso di natalità del mondo.
Non sorridono perché gli adulti, a cominciare dai genitori, sorridono troppo poco, per non dire nulla.
Andando per strada, impegnatevi a sorridere se incontrate un bambino: verrete sempre ricompensati con lo spettacolo più bello della natura: il meraviglioso sorriso d'un bambino!
Se siete (o fate) i depressi, cominciate da questo, sorridete ai bambini, a tutti i bambini che incontrate e provate a farlo sempre.
Vi garantisco, anche per esperienza personale, che sarà il primo passo, forse il più importante, per uscire dalla depressione.

I bambini, come dicevo, oggi soffrono sempre più di depressione, ma sono vittime innocenti della mancanza di vero calore umano, dei loro genitori e degli adulti in generale.
L'adulto depresso, qualunque sia la causa, è invece, alla fine, solo vittima di se stesso, giacché esperienza ed (auto) educazione dovrebbero insegnarli almeno come uscirne, se non come non caderci...

Per uscire dalla depressione, qualunque essa sia, dobbiamo impegnarci a fare qualcosa.
Solo ricevere farmaci e trattamenti psicoterapeutici, anche se aiuta, non può ne potrà mai bastare.
In base a quello che vi ho raccontato, cominciamo a renderci conto che, se siamo vivi, vuol dire che, da bambini, abbiamo ricevuto dai nostri genitori il nutrimento, sia del corpo che del cuore, necessario per farci vivere.
Anche se ce ne siamo dimenticati e se ci fa comodo credere il contrario.

Una pratica fondamentale, per aiutarci a star bene, é la seguente.
Seduti, in posizione ben eretta, dopo aver ascoltato il respiro per alcuni minuti, proviamo a vedere, non solo ad immaginare di vedere, il volto dei nostri genitori.
Chiamiamo entrambi per nome, con almeno la pausa di un respiro fra l'uno e l'altro, ed aggiungiamo ogni volta "grazie".
Provatelo possibilmente subito, perché, dopo, verremo sopraffatti dalle abitudini e dalle distrazioni del quotidiano (a cominciare dai risultati delle elezioni, tanto per dire qualcosa d'attuale), che ci forniranno le più ampie giustificazioni per continuare a non fare nulla per stare meglio, ma continuando tuttavia a pretendendere che lo facciano gli altri...

Sorriso e ringraziamento sono due passi fondamentali per uscire dalla depressione, ma non i soli...
Ma di questo parlerò la prossima volta.

giovedì 4 giugno 2009

De fumo nihil nisi male

Del fumo non si può dir che male!

Mi son permesso di parafrasare un noto proverbio latino, che, invece dice: "de mortuis nihil nisi bene"...
Mio nonno, buonanima, se doveva dir male di un defunto, ad esempio: "il Tale era proprio un fetente", soggiungeva subito: "parlando da vivo!". Così, per scaramanzia, perché con i morti non si può mai sapere.
Analogamente, si dice: scherza coi fanti (i vivi), e lascia star i santi (i morti).

Del fumo, invece, non si può dire che tutto il male possibile e, possibilmente, anche un pochino di più.
Le motivazioni scientifiche son numerose "quasi arena quae est in litore maris".
Impossibile riferirle tutte, anche perché le più importanti sono fra le poche cose note a tutti (oltre, ben s'intende, a chi è l'ultimo vincitore del grande fratello ed ai risultati del campionato di calcio, restando alla cultura media degli italiani).

Io che, dando pubblico scandalo, mi ostino a fumare, a chi mi pone la fatidica domanda: "come, lei è medico e fuma, perché lo fa?", non so dare altra risposta che la seguente: "perché mi piace...".
Mi son perfino permesso, in anni recenti, di fare in bicicletta un tappone dolomitico (passo Fedaia, Campolongo e Stelvio, tanto per dire), spesso con la sigaretta accesa per i tornanti. Peggio ancora, due anni fa, ho percorso a piedi, in una notte, oltre novanta chilometri, alla tenue lucina rossa della sigaretta...(ora ho sessantacinque anni).

Detto questo, sconsiglio a tutti, perentoriamente, di fumare.
Riconosco, e dico sinceramente, che é un vizio, che causa dipendenza e può far male.
Lo sconsiglio soprattutto a quelli che mi pongono la fatidica domanda di cui sopra, e che già, nella maggior parte dei casi, non sarebbero capaci di fare cinquecento metri a piedi, senza farsi venire il fiatone...

Piuttosto, consiglio ai detrattori del fumo, di rinnovare ogni tanto il repertorio, che é un pochino monotono e scontato... anche per rendersi più simpatici e persuasivi.

Ad esempio, ad una signorina al banco tabacchi di un autogrill, messa lì suo malgrado, forse per un misero stipendio, e che mi ha suggerito, cortesemente, di non comperare sigarette, perché fanno male, "comperi piuttosto un biglietto della lotteria...", ho prontamente e gentilmente risposto: "cara signorina, ho provato a fumare i biglietti della lotteria, ma mi hanno fatto venire una tosse tremenda e costano pure cari..."
Ha dovuto sorridere e, credetemi, oggi non è facile far sorridere un crociato dell'antifumo!

Mi è invece andata male con un altro tabaccaio (ma non riescono proprio a trovare un altro lavoro? Mala tempora currunt...).
Dicevo che mi son permesso, senza sarcasmo, di ringraziarlo per avermi dato un pacchetto su cui stava scritto " il fumo danneggia te e chi ti sta intorno", mentre quasi tutti gli altri recavano scritto "Il fumo uccide".
Al che il signore in questione, fra l'altro proprietario del locale, mi ha ribattuto che per lui i fumatori potevano anche crepare tutti! (sic!). Forse, in cuor suo, si sarebbe accontentato di vender caramelle e gratta e vinci... Ma guarda un po', cosa ci tocca fare per vivere!

Dicevo, dunque, de fumo nihil nisi male, non però, in estensione, anche dei fumatori "im allgemeine oder alles zusamen", prego...

Quante volte d'inverno, fuori di un ristorante, alla pioggia sferzante ed al vento gelido, mi sono acceso una sigaretta in compagnia di uno sventurato quanto occasionale sodale, mentre dentro, in sana allegria, persone ai limiti dell'infarto e ben oltre quelli dell'obesità grave, introducevano porzioni di cibo che, per quantità e qualità, avrebbero fatto morire d'indigestione anche una balena di medie dimensioni... (ma quanto non riescono a mangiare, oggi, gli Italiani!).

Oggi ci si lamenta che, statistiche alla mano, il numero dei fumatori in Italia stia aumentando.
Sarebbe il caso di riflettere su di una certa pubblicità anti fumo che produce un aumento dei fumatori...
Ma forse "hoc erat in votis", era proprio questo che si voleva, perché, da noi, il primo beneficiato del fumo è lo Stato, oltre che le multinazionali..
Sarebbe bene ricordare che non si é mai bevuto così tanto, come durante il proibizionismo!

Perché non si dice, anche, che il gratta e vinci, le slot machines (son pullulate come i funghi!), il gioco del lotto etc, hanno rovinato milioni di famiglie...Ah, Stato, Stato biscazziere!

Se volessimo fare un elenco di ciò che fa male, non la finiremmo più, dal burro, allo zucchero, ai pesticidi ed inquinanti chimici degli alimenti e così via.
In realtà, non esiste nulla che faccia bene o male in assoluto. Dipende da come, più ancora che da quanto.

Un ammalato di cancro terminale, pochi giorni prima di morire, mi pregò di mandar via la moglie con una scusa, aprì bene le finestre e mi chiese di fumare insieme una sigaretta... Così, senza tante parole.
Dopo che ebbe fumato, mi confidò: "é l'ultimo e più grande piacere che mi é rimasto...ora mi sento proprio bene".
Qualche volta, una sigaretta può anche fare un po' di bene...

(Articolo scritto a gentile domanda sul tema)

mercoledì 3 giugno 2009

La depressione - 2 Le cause

Di cause ce ne sono tanta quante sono le storie degli esseri umani, dalle più banali alle più nobili e profonde.
Uno dei più grandi personaggi della storia dell'umanità, Gandi, piombò in depressioni tremende negli ultimi anni della sua vita, per il dispiacere (e l'assunzione morale della responsabilità), di fronte ai reciproci massacri fra Indù e Mussulmani, dopo la conquista dell'indipendenza dell'India dagli Inglesi. Gandi aveva un grandissimo livello di coscienza etica.
Ne uscì ogni volta rinnovando e profondendo il proprio impegno verso gli altri.

Sempre in India, qualche decennio dopo, un'altra anima nobile, Madre Teresa, patì crisi depressive così gravi (e così mal capite), da essere sottoposta , specie nell'ultimo anno di vita, ad alcuni interventi d'esorcismo...
Nel suo caso, probabilmente, oltre a motivi morali, ebbero una non trascurabile importanza la condizione fisica (un grave scompenso di cuore, con ripetuti interventi di by-pass coronarico) e la condizione tossica secondaria ad un vero e proprio bombardamento farmacologico, cui era quotidianamente sottoposta.

Molti dei più grandi spiriti dell'umanità conobbero la sofferenza della depressione, anche a più riprese, nella loro vita.
Per tutti questi casi, con le parole di Dante, sarebbe da dire " O dignitosa coscienza e netta, come t'é picciol fallo amaro morso!"
Nella vita di un uomo che abbia ancora una pur minima coscienza etica e morale, è impossibile non incorrere in episodi depressivi.
Il depresso vero, come ho già detto, fa colpa a se stesso di quello che non riesce ad accettare.
La maggior parte degli uomini, invece, di fronte a qualcosa di sgradito, si limita a far colpa agli altri. Ma questa strada, anche se molto diffusa e praticata (anche da alcuni psicoterapisti), non è una via d'uscita: solo un ritorno indietro...
Chi non ha mai conosciuto episodi depressivi, anche piccoli (ma credo siano pochi), probabilmente ha del tutto ucciso la propria coscienza o rinunciato alla ricerca di valori etici: vive solo per appagare i propri bisogni istintuali primari.

Non tutte le situazioni depressive, tuttavia, hanno una radice etica, diciamo così, nobile.
Spesso i motivi, almeno quelli apparenti, sono futili o banali: quanti, ad esempio, sono giunti a suicidarsi per la perdita di una partita di calcio!

Allora, qual é, se c'é, la causa prima comune a tutte le depressioni?
Anche se la scienza medica ufficiale parla di tre tipi di cause: endogene, esogene e miste, sono convinto che bisogna ricercare una causa iniziale comune a tutte e tre, per non finire in separazioni che finiscono, quasi inevitabilmente, per far colpa o agli altri, o alla vita stessa od al carma personale.
Altrimenti non esisterebbero vie d'uscita percorribili e praticabili fino in fondo.

Per esperienza anche personale e dopo lunghe riflessioni, sono convinto che, sempre, alla base, vi sia il rifiuto di qualcosa che è successo ( o che abbiamo fatto, ed é comunque successo), nella nostra vita.
In questo rifiuto, che gli addetti ai lavori chiamano conflitto, e che il più delle volte é collegato alla perdita di qualcosa o qualcuno, si consuma, spesso in pochissimo tempo, la nostra quota "spendibile" di energia fisica, mentale e morale.
In realtà, a livello di forza vitale, questa riserva è praticamente infinita, ma non vi sappiamo più attingere.
E' un po' come il caso dell'avaro, che pur avendo ingenti risorse economiche, si dispera per aver speso l'ultimo soldino dell' "argent de poche" che aveva in tasca...

Non possiamo rifiutare ostinatamente qualcosa che ci è stato mandato dalla vita, senza entrare in crisi.
Se questo rifiuto della realtà non viene riconosciuto risolto, la sofferenza di vivere può diventare così insopportabile da farci desiderare (e purtroppo attuare), di farla finita.
Però, prego, prima di farlo, domandiamoci se ne vale la pena: perché impegnarci a far qualcosa che prima o poi avviene da sola?
Tanto, dalla vita, finora, nessuno ne è uscito vivo (e nessuno è vissuto in eterno)!
E poi, non diamoci troppa importanza: la nostra sofferenza, in fondo, non è né l'unica né la più importante sulla faccia della terra, anche se a noi sembra proprio così!
Un barlume di ironia (e di auto ironia), spesso può salvare una vita.
Una vita, qualunque cosa abbiamo commesso o ci sia capitata, ha sempre un valido motivo, una intrinseca ragione, per riscattarsi ed essere degna di essere vissuta.
La barca della sofferenza non traghetta mai una sola persona per volta. Nel mare della sofferenza non si naviga mai "in piccioletta barca", ma su di un enorme transatlantico!

Nessun essere umano, con un minimo di integrità mentale, potrà mai sperare di lasciar fuori dalla propria vita la sofferenza: o diventa un animale, o impazzisce!
La tristezza, invece é un optional personale, una scelta non indispensabile nè ineludibile: da un punto di vista pratico, tempo perso, anche se mai inutile del tutto!
In ogni caso, é pur sempre occasione d'esperienza...si scis uti! (Se la sai utilizzare).

L'accettazione di questo fatto, della ineludibilità della sofferenza, è già il primo passo, ed il più importante, per uscire da quel tunnel, che ci sembra infinito e senza vie laterali di fuga, che noi chiamiamo depressione.
Se sappiamo guardar bene, la sofferenza è il vero carburante della vita, quello che ci fa progredire umanamente. Non esiste sofferenza fine a se stessa...

L'altro passo fondamentale è renderci conto che non ci sono colpe, nè personali nè altrui, ma cause ed effetti, che comportano l'assunzione di responsabilità e la messa in atto di azioni idonee, nel campo delle nostre effettive capacità, per poterne uscire.
Dobbiamo imparare a perdonare, per primo noi stessi, poi anche tutti gli altri.
Nessun altro lo potrà fare al posto nostro o per noi...
La vera confessione non può essere fatta ad un altro, ma a noi stessi, e l'ultima assoluzione ce la dobbiamo dare da noi, riparando ai nostri errori!
Ma di questo, ed altro, parlerò la prossima volta.

lunedì 1 giugno 2009

La depressione : Il male dell'uomo - 1

Questo è uno degli ultimi articoli che pubblicherò su questo blog.
Sempre che qualcuno non mi chieda qualcosa di specifico sulla propria condizione, utilizzando l'indirizzo email che trovate accanto al nome.
E' un articolo doveroso, basato sull'esperienza personale e professionale, che lancia un messaggio di speranza e di fede in sé.
Ma quello che sto per dire sarà per molti versi anche shoccante, fonte di turbamento, malintesi e, forse, rifiuto ed arrabbiatura.

Dalla depressione, non si guarisce né, tanto meno, ci si fa guarire: semplicemente se ne esce, riconoscendo che tutto e tutti ci stanno già aiutando e sostenendo in tal senso, e che l'ultimo passo tocca solo a noi stessi.
Ho detto volutamente male, e non malattia, e male dell'uomo, non dell'umanità, giacché esistono tante depressioni quanti sono i depressi, e la depressione stessa non è un'entità nosografica, un destino ereditario, un'infezione, una meteoropatia, una patologia da usura, una malattia socio-economica o da deficit o da eccesso, anche se, talvolta, potrebbe sembrare così.

Un altro malinteso comune è quello di chiamare depressione tutto quello che, della vera depressione è solo, per così dire, l'anticamera, il contorno, la strada maestra che vi conduce.
Molti, spesso, finiscono per credere d'esser depressi, mentre invece sono solo in una specie di limbo, tutto sommato comodo e vivibile "sanza infamia e sanza lodo", per dirla ancora con le parole del sommo Dante.

Infatti, tutti coloro che ancora riescono ad arrabbiarsi, a far colpa agli altri, a mettersi in dipendenza dagli altri con raffinata e sottile "ars vivendi" (o barcamenandi...), sono ancora fermi ai primi gradini della depressione o, per così dire, non ne hanno ancora varcato l'Ade, l'Acheronte o, quantomeno, lo Stige
.

Il depresso "vero", infatti, non sa arrabbiarsi con nessuno, fare colpa ad altri, condividere il proprio quotidiano con qualcuno che lo protegga ed assista. Tutto questo richiede ancore una buona carica d'energia, che egli non ha più.
Sa solo far colpa a se stesso, ed arrabbiarsi solo con e con la propria vita e non tollera la presenza d'altri: infatti, prova troppa vergogna della propria condizione.
Molti di coloro che si spacciano per gravi malati di depressione, a questo punto, si saranno già arrabbiati per ciò che, con voluta provocazione, sto scrivendo: non si preoccupino, il loro caso, tutto sommato, non è poi così grave!

Il resto sono cose abbastanza note e comuni ai più, anche se con caratteristiche individuali diverse caso per caso.
La fatica per tutto: a compiere le comuni azioni del quotidiano, lavarsi, vestirsi, uscire di casa, parlare, ascoltare, memorizzare, sentire il proprio corpo, lavorare etc.
Ma più ancora, compiere scelte, anche le più facili, prendere decisioni ed assumersi responsabilità
a qualunque livello, manifestare la benché minima forza di volontà.
Il depresso è un fuscello piegato alla minima brezza.
Vi sono persone particolarmente abili, anche a livello inconscio, nel prender possesso dei depressi e sottometterli al proprio volere od al proprio capriccio.
Tutto e tutti, per il depresso, hanno lo stesso potere di una setta, e molti se ne approfittano.
In particolare guaritori, maghi, cartomanti, gruppi pseudo spirituali, ma anche medici, psicologi, psicoterapisti di basso profilo professionale, soprattutto coloro che, incapaci di curare se stessi, presumono di poter guarire gli altri, diventandone guida.
In realtà, tutti costoro, finiscono col creare una più o meno calcolata dipendenza, talora lunga quanto la stessa vita del depresso, il che è la strada più sicura per sopravvivere come depressi, ma non per guarire...
Tutto ciò, lo so, può sembrare (ed è) molto duro, ma il prendere atto della realtà è il primo passo per salvarsi.

Il male più grave, tuttavia, è un altro.
E' la perdita dell'affettività, l'incapacità di provar gioia o dolore per ciò che ci circonda, di lacrimare e sorridere; é il deserto dell'amore, della compartecipazione, della pietas...in una parola, l'indifferenza.
Avete presente il cactus nel deserto, che sopravvive secco, spinoso, indifferente, ai decenni di siccità: tale è la vita del depresso...
Eppure, bastano quattro gocce di pioggia per farlo "riviver tutto e tutto rifiorire", riaprirlo quasi alla gioia di vivere, rivestirlo di colori (quanto nero e viola, oggi, nel mondo, e non è per moda: la moda studia solo le tendenze di fondo dell'animo umano, facendosene interprete a proprio vantaggio commerciale...).

Di che dobbiamo aver paura?
Se madre natura manda, ogni tanto, quattro gocce di pioggia anche sui deserti più aridi, che bastano a farli rifiorire, dobbiamo renderci conto che, talvolta, basterebbero veramente quattro lacrime sincere, versate non su di , ma per qualcun altro, per fare altrettanto con la propria vita.
Ma di questo parlerò domani...