I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

Volendo un po’ schematizzare, vi sono tre tipi di guarigione:

- Guarigione forzata - Fa fulcro sul sintomo, si basa su farmaco e chirurgia.
- Guarigione armoniosa - Fa fulcro sulle cause alla base del sintomo e sulla loro armonizzazione con la legge di natura.
- Guarigione senza guarigione - Fa fulcro sull’impegno di vita, indipendentemente dal sintomo.

Ancora schematicamente, il primo tipo appartiene prevalentemente alla medicina moderna nelle sue varie forme.
Il secondo è tipico della medicina tradizionale, ad es. orientale, ma non solo.
Il terzo è il punto culminante di una vera medicina umana.

Tutti e tre i modi di guarigione sono accettabili e necessari per l’uomo moderno e costituiscono un percorso di evoluzione personale basato sul principio d’educazione alla salute in modo umano.

A distanza di molti anni, in base alla esperienza fatta su me stesso, posso confermare la validità pratica di questi principi, particolarmente del terzo, originariamente formulati, anche se in modo diverso, dal maestro Masahiro Oki, che ringrazio di cuore
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mercoledì 27 maggio 2009

Pakistan - Afghanistan : ricordi dal fronte

Stamani ho bevuto il primo caffè assieme ad Ahmed, un pakistano che vive vendendo collane nelle spiagge italiane.
Fumando assieme una sigaretta, mi ha detto che il suo paese, ormai in piena guerra civile, sta morendo di fame...
Il governo Pakistano, per garantirsi gli aiuti economici americani, si è impegnato in una guerra civile nel nord del paese, in una zona da sempre sotto controllo di Al Quaeda, roccaforte dei sostenitori Pakistani dei Talebani e di Osama Bin Laden.
Guerra disperata, che rischia di estendersi a tutto il paese e dai più già considerata persa...
Il Pakistan si trova tra due fronti: ad est quello indiano per la questione del Kashmir, da oltre sessant'anni conteso fra i due paesi, e ad ovest quello con l'Afghanistan, con l'interposizione della cosiddetta "tribal area", formalmente pakistana, in realtà terra di nessuno, controllata dai signori della guerra di etnia Pashtun, da sempre in guerra fra loro e contro ogni tentativo di sottomissione esterna.
Contrabbando d'armi e di droga sono le basi economiche fondamentali, che garantiscono a quelle popolazioni una sorta d'invincibilità perenne, unitamente ad un fiero carattere bellicoso, indipendente da tutto e tutti. E questo fin dai tempi di Alessandro Magno...

Ma torniamo ad Ahmed. Il suo nome mi ha fatto venire in mente quello di Ahmed Shah Massoud, eroe afgano della indipendenza dai russi, mito quasi leggendario di coraggio, amore per il proprio paese, moderazione ideologica e moralità personale: non si fece corrompere da nessuno.
Venne ucciso, in un attentato suicida, da due arabi (tunisini, naturalizzati belgi), il 9 settembre 2001, due giorni prima dell'attacco alle torri gemelle.
Stava combattendo, clandestinamente l'ennesima battaglia personale, contro il dilagare dei talebani in Afghanistan, nella valle del Panshjir, da loro occupata.
Ma si era anche chiaramente espresso contro il dilagare della corruzione e la crescente dipendenza americana del governo Karzai, da poco costituito, cominciando, forse, a dare fastidio ad entrambi.
Sognava un Paese libero da ingerenze esterne, moderato e tollerante, moralmente immune da corruzione, con una economia svincolata dal mercato dell'oppio. L'Afghanistan, infatti, è tuttora il primo produttore al mondo.
Pochi giorni prima di morire, informò le Nazioni Unite di un prossimo attentato sul suolo americano, e di un altro per ucciderlo, ma non fu ascoltato nè protetto.
Lo stesso Karzai, con notevole cinismo politico, lo ha nominato, poi, eroe nazionale e gli ha fatto erigere un mausoleo a dominare la vall del Panshjir.
Massoud, se potesse parlare, rifiuterebbe sicuramente entrambe le cose.
Proposto per il nobel postumo per la pace, come Gandi, finora non ne è stato insignito, come a suo tempo, lo stesso Gandi...

Da Alessandro Magno, ai russi, agli americani, ai talebani, a Bin Laden ed Al Quaeda: perché tanto interesse per un paese povero, senza particolari risorse?
La sua importanza, enorme, è di tipo strategico.
E' infatti, da sempre, il crocevia tra est ed ovest, nonché tra nord e sud, di tutti gli interessi economici del mondo, anche se con caratteri specifici diversi nel tempo.
Basti pensare al petrolio ed al gas della Siberia, che di lì dovrebbero passare per essere vantaggiosamente commerciabili.
Così come il "leone" Massoud era riuscito a liberare il paese dal giogo del vecchio e nuovo imperialismo sovietico, probabilmente sarebbe riuscito a fare altrettanto con i talebani, il corrotto regime attuale e l'espansione, sempre maggiore dopo l'undici settembre, dell'ingerenza americana (ed europea, Italia inclusa), in Afganistan.

Sicuramente, nella sua morte, ha giocato un ruolo determinante una eterogenea "convergenza d'interessi", non nuova alla storia del mondo, antica e recente...
Ora gli americani, sul punto d'abbandonare l'Irak al suo destino, sotto l'egida dell'Onu e con il concorso di molti altri, stanno per aumentare il loro ( e nostro) coinvolgimento in Afganistan.
Gli interessi in gioco sono infatti troppo grossi, e lo scudo ideologico (lotta al terrorismo islamico), è molto ben radicato nell'opinione pubblica mondiale, oltre che realisticamente credibile e convincente.
Ma i signori della guerra non si muoverebbero mai per motivi ideali, se non vi fosse di mezzo anche la supremazia economica e strategica di portata, in questo caso, planetaria.

L'undici settembre ha poi quasi cancellato il ricordo di Massoud, di cui oggi nessuno parla più.

Tre mesi dopo la sua morte e l'intervento americano, ero a Peshawar, in Pakistan, con un gruppo d' Italiani.
Ho visto quello che ci fu lasciato vedere: il campo modello e ben rifornito di Shamshatù, ma non i campi, più ad ovest, dove, per non morir di fame, si mangiava l'erba dei prati.
Ed ho visto l'esodo biblico degli Afgani, che scappavano dai bombardamenti a tappeto degli americani. Milioni di profughi ufficialmente rifiutati dal Pakistan che aveva, anche se inutilmente, chiuso le frontiere, essendo già presenti sul suo territori più di sei milioni di profughi, tra vecchi e nuovi...
Ho visto, nelle nude tende collocate sul fango, i bambini orfani, miracolosamente scampati dalle macerie di Kabul, arrivati laggiù dopo cinquecento chilometri di fuga a piedi.
Sostenuti solo dalla misericordia degli altri profughi.
Ogni notte, qualcuno dei nuovi arrivati moriva di freddo. Si può morire di freddo, per la mancanza d'una coperta, anche in Pakistan, a dicembre, ove, due mesi dopo, già si morirà di caldo.
Ogni tentativo di donare qualcosa a quei poveretti, si traduceva in una specie di sommossa fra migliaia di persone, per afferrare un maglione, una coperta, anche un paio di calzini...
Dopo aver fatto qualche terapia con le nude mani e sulla nuda terra a pochi, diciamo così...privilegiati (ma gli unici privilegiati eravamo noi, con passaporto e biglietto aereo in tasca), ho provato a risolvere, in qualche modo, il problema di come lasciar loro qualcosa, senza provocar sommosse.
Così, mentre calava l'oscurità, dal pulmino che ci riportava alle comode camere d'albergo, ho gettato dal finestrino, un po' per volta, quello che c'era: maglioni, indumenti pesanti, perfino le scarpe ai piedi, ben presto imitato da alcuni altri compagni di viaggio...
Come si vede, fra il voler aiutare e creare problemi, il passo è breve, eppure qualcosa, comunque, si può cercare di fare.

Oggi, milioni di nuovi profughi, questa volta pakistani, stanno fuggendo dal Pakistan, incendiato dalla nuova, ennesima guerra, verso un Pakistan più sicuro, ma chissà fino a quando.
Per molti di noi, qui in occidente, tutto questo non è che un tragico fatto, fra i tanti al mondo, degno al massimo di una distratta occhiata dalla poltrona, davanti alla tivù.
Ma per chi c'è stato, anche se otto anni sono ormai passati, dimenticare o girare la testa, credetemi, è veramente impossibile.