I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

I principi fondamentali e le conseguenze pratiche per una medicina globale umana

Volendo un po’ schematizzare, vi sono tre tipi di guarigione:

- Guarigione forzata - Fa fulcro sul sintomo, si basa su farmaco e chirurgia.
- Guarigione armoniosa - Fa fulcro sulle cause alla base del sintomo e sulla loro armonizzazione con la legge di natura.
- Guarigione senza guarigione - Fa fulcro sull’impegno di vita, indipendentemente dal sintomo.

Ancora schematicamente, il primo tipo appartiene prevalentemente alla medicina moderna nelle sue varie forme.
Il secondo è tipico della medicina tradizionale, ad es. orientale, ma non solo.
Il terzo è il punto culminante di una vera medicina umana.

Tutti e tre i modi di guarigione sono accettabili e necessari per l’uomo moderno e costituiscono un percorso di evoluzione personale basato sul principio d’educazione alla salute in modo umano.

A distanza di molti anni, in base alla esperienza fatta su me stesso, posso confermare la validità pratica di questi principi, particolarmente del terzo, originariamente formulati, anche se in modo diverso, dal maestro Masahiro Oki, che ringrazio di cuore
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giovedì 19 febbraio 2009

Metamorfosi di primavera

Dieci giorni fa ho potato il pesco e l’albicocco. Erano già carichi di gemme, per fortuna ancora chiuse.
Infatti, subito dopo è arrivato il gran freddo, dopo un inverno con molta pioggia ma poco freddo.
Questa ondata d’aria polare ci fa sognare la primavera, il momento magico in cui gli alberi – peschi, ciliegi, mandorli, susini ecc., metteranno i lori splendidi fiori color pastello, per poi riempirsi d’una cupola verde sempre più folta ed intensa…
Sembra quasi una magia, anche se si ripete puntualmente ogni anno.
Il buio, il freddo, la paura dell’inverno ( bilanciati solo dal candore luminoso della neve, quando questa ammanta la natura), si trasformano quasi per incanto, allorché il primo tepore fa la sua timida comparsa, entrando nel freddo, nella festa di luci e colori dei petali, per poi virare nel verde intenso delle chiome.
Così dice anche la teoria dei cinque elementi, saggezza e vanto dei nostri antenati cinesi, secondo la quale poi seguirà il caldo pieno dell’estate ed il rosso, il rosso di che?...Forse quello degli incendi? Uhmmm, scusate, ma comincio a capirci poco, e poi, che c’entrano reni, fegato e cuore con queste tre stagioni?
C’entrano, c’entrano, ma bisogna fare un passo o due indietro.
Osserviamo un albero, formato da radici, fusto, rami e foglie, come tutti sanno.
Guardate ora un fegato nella sua interezza, in qualche atlante d’anatomia (ottimo fra tutti il Netter, di cui un giorno vi racconterò la storia).
Schematizzando, ha una forma a cupola, con cellule poligonale molto simili a quelle delle foglie d’un albero, ed anche le funzioni sono simili: trasformazioni chimico-metaboliche di tutti i tipi, in particolare con la produzione d’un amido animale, chiamato glicogeno, nonché elaborazione dei costituenti chimici del sangue, (plasma e globuli rossi -appunto-, che poi verranno messi in circolo dalla pompa cuore…
Ed ancora, disintossicazione da tutti i veleni che ingeriamo o produciamo, almeno fino ad un certo limite.
Osserviamo ancora: la cupola epatica sembra quasi sorretta da un grosso fusto, la vena porta, la quale affonda le sue radici in quella specie di terreno nutritivo ( ahimé anche molto tossico), che è il nostro intestino.
Lì inizia il ciclo, che poi culmina con la produzione dei componenti essenziali del sangue, come dicevo.
Nel suo complesso il fegato è rosso mattone, mentre l’albero è verde, perché i due pigmenti, clorofilla ed emoglobina, entrambi figli della luce, sono bensì frutto d’un unico percorso evolutivo- generazionale che si manifesta, però, in due modi diversi: mondo vegetale ed animale.
Il secondo, isotermico con l’ambiente, autotrofo (che si nutre d’acqua, terra e luce), verde-foglia.
Il primo, omeotermico al proprio interno, eterotrofo ( si nutre di vegetali ed animali, prodotti biologici), rosso-sangue,
La separazione filogenetica fra questi due mondi- e modi d’essere della natura, sebbene molto antica, ha però lasciato in vita forti collegamenti…
Il fegato si ricorda, in un certo senso del suo antico antenato verde, producendo la bile, verde appunto.
Il legno non può fare altrettanto, per l’esistenza d’una freccia temporale unidirezionale, se non quando brucia…
Ed ancora, quando il fegato non ce la fa più perché oberato da veleni, basta che chieda aiuto al suo vecchio antenato, la foglia della verdura selvatica, che essendo complementare alla cellula animale, l’aiuta a disintossicarsi (sempre che il tiranno che sta al comando di tutto, il cervello, glielo consenta!).
Così, l’acqua accumulata questo inverno, fornirà, assieme al terreno ed alla luce del sole, il nutrimento alla vegetazione, che si ammanterà di verde, per poi produrre i frutti al calore estivo, di cui noi, tramite il nostro albero interno -fegato- ci nutriamo…
Ci sarebbe ancora molto altro da dire, ad esempio sui reni, ma mi fermo qui.
A proposito, ma allora la prostata presenile, che obbliga ad alzarsi alle tre del mattino per vuotare la vescica, avrà qualcosa a che fare con il cervello, che si mette a ruminare pensieri proprio in quell’ora e sente altrettanto bisogno di …svuotarli?
Che c’entrano fra loro, che c’azzeccano ( come dice Di Pietro)?
Questo la Medicina Cinese forse non lo dice…